Nei giorni scorsi, presso la Biblioteca Manara di Borgovalditaro (Pr), si è riunito il Centro Studi dell'Associazione “Regione Lunezia”.
Scopo dell'incontro era l'approvazione del libretto programmatico della “Regione Lunezia”, a cui il Centro Studi ha lavorato per diversi mesi e che è stato ritenuto uno strumento utile per poter rilanciare nel momento politico attuale un progetto storico.
Senza dover andare ai tempi antichi, basta pensare al Trattato di Fontainebleau del 1814, quando Talleyrand propose di estendere fino al Mar Ligure il ducato di Parma e Piacenza; o ancora, più di recente, alla decisione dei 75 Padri Costituenti di dar vita a 22 Regioni, tra le quali anche la Regione Emilia Lunense (Lunezia). Questo ultimo disegno, allora fortemente sostenuto dal Sen. Giuseppe Micheli, dal Ministro Carlo Sforza e da tanti altri parlamentari di queste terre, tra cui l'on. Angela Gotelli, fu solo sospeso e mai cassato dal Parlamento Italiano, in attesa di studi e approfondimenti ulteriori. Ed è proprio quanto si prefigge di fare l'Associazione “Regione Lunezia”.
Nell'incontro di Borgotaro, il Presidente Valter Bay, il Vice Presidente Rodolfo Marchini, il Tesoriere Luciano Avalli, i membri del Centro Studi, Anna Maria Dondi, Flavio Franceschi, Albino Calori, Pietro Giorgieri e Maria Costa, hanno approvato i cardini fondamentali del progetto Lunezia.
Questa nuova regione, di valenza europea oltreché nazionale, sull'asse viario plurimodale Tirreno-Brennero, potrà aggregare attorno a sé forti interessi di ordine economico, culturale e politico, che oggi non sono del tutto espressi, anzi, talvolta, vengono contrastati o compromessi dall'attuale assetto amministrativo regionale. Ne sono testimonianza gli accordi che le Istituzioni di questo territorio (Comuni e Province) sentono il bisogno di intrecciare al di là dei rispettivi confini regionali.
In tale contesto può assumere una posizione strategica la vasta area dell'Appennino, che da spartiacque di confine diventerebbe una cerniera di realtà territoriali, la Pianura Padana e il Mare Tirreno, rispettivamente bisognose l'una dell'altra. Allora, la collocazione centrale della Montagna potrebbe anche candidarla, in una logica ampiamente condivisa di un suo rilancio e sostegno, come sede ideale del Capoluogo regionale. Del resto anche per la sede del Parlamento europeo la scelta non è caduta né su Parigi o Berlino, né su Roma, Londra o Madrid, ma su Bruxelles e Strasburgo, con una serie numerosa di Authority decentrate. E così ogni città della nuova regione europea, denominata oggi Lunezia, potrà candidarsi ad essere capitale di una qualche specifica eccellenza, senza che si debba scegliere per forza una città Capoluogo.
Su queste basi programmatiche, l' Associazione “Regione Lunezia” si prefigge di diffondere il messaggio presso  i cittadini e le loro rappresentanze comunali, al fine di rendere più concreta ed efficace la rete dei propri aderenti e simpatizzanti, già molto numerosi (più di mille i fan su Facebook, e sempre crescenti).
Chi volesse prendere informazioni su Internet può consultare: http://www.lunezia.com .

Comunicato stampa del Centro Studi Associazione “Regione Lunezia”.

Risposta di Paolo F. 10:01 - 06/04/10

Caro Prof, mi può spiegare in parole povere perchè dovremmo sobbarcarci una nuova regione, di altre provincie e altrettanti comuni quando si sta parlando di unificazione e abolizione delle provincie? C'è qualcosa che non combacia con la razionalità.

 
Risposta di Pierino 12:17 - 06/04/10

Questa idea è solo pura fantasia! Irrealizzabile!!!!!

Risposta di rodolfo marchini 17:32 - 24/07/10

LUNEZIA, LA NUOVA REGIONE EUROPEA PADANO-TIRRENICA

Oggi, 24 luglio 2010, la Gazzetta di Parma propone almeno tre argomenti socio-economici che mettono in risalto il tasso di trascuratezza del governo regionale nei confronti di Parma: l'aeroporto G. Verdi, le Fiere e la Tirreno-Brennero.

Sull'aeroporto G. Verdi di Parma registriamo la dichiarazione dell'assessore regionale, G. Carlo Muzzarelli: lo scalo ducale è un “non-aeroporto”. Probabilmente ci saranno rettifiche o smussamenti di spigoli, ma la sostanza resterà, ossia la volontà della Regione Emilia-Romagna di favorire Bologna e la Romagna a discapito di Parma.

Analoga è la questione delle Fiere di Parma. Il Governo nazionale ha assegnato importanti risorse alla Regione per destinarle a Parma, ma Errani le vuole utilizzare per rilevare quote azionarie dell'Ente Fiere. Perchè la Regione, come sostiene giustamente il consigliere regionale Luigi Giuseppe Villani, non le destina direttamente alla riqualificazione dei padiglioni fieristici? La risposta la offre lo stesso Villani, quando dice che l'intenzione del governo “bolognocentrico” regionale è quella di privilegiare il capoluogo.

Ma ancora più eclatante, per il nostro discorso, è quanto viene affermato dalla parlamentare europea del Pd, Deborah Serrachiani, a proposito della Tibre:”La realtà di Parma ha bisogno di sviluppare il progetto Tibre, in quanto potrebbe inserirsi nei collegamenti con il Nord Europa e con l'Est. Ma il problema è che non rientra nella trentina di progetti prioritari europei”. La stessa Serrachiani dice che le amministrazioni locali dovrebbero fare di più. Noi aggiungiamo che il soggetto per eccellenza che dovrebbe fare di più è l'Ente Regione. Non solo l'Emilia-Romagna, evidentemente, ma anche la Lombardia, la Liguria, la Toscana, il Veneto, regioni tutte attraversate dalla Tibre, ma in un territorio marginale rispetto ai preponderanti interessi delle loro rispettive capitali, completamente tese a fagocitare le risorse nazionali ed europee che vi transitano. Il risultato, dunque, è che la Tibre è nei teorici programmi regionali, ma nella pratica non riesce mai a sfondare. Allora la Tibre non solo è secondaria nei progetti europei, purtroppo finisce indietro anche in quelli delle regioni. A noi fa piacere che il Cepim col suo Presidente Marzani e l'on. Serrachiani rivolgano un invito anche al Governo Nazionale affinchè faccia di più per la Tibre, ma noi ribadiamo che il livello regionale è quello che dovrebbe fare da primo propulsore. Della Pontremolese si discute da trent'anni e quasi dagli stessi anni si lavora per collegare l'Autocisa all'Autobrennero, ma per molti segmenti delle due fondamentali infrastrutture siamo ancora ai livelli progettuali.

Ecco allora che si pone la necessità di acquisire una sensibilità e una consapevolezza politica nuova.

La nostra associazione “Regione Lunezia” sta proponendo da alcuni anni la necessità di rivedere gli assetti regionali e di rilanciare quella regione padano-lunense, che già i Padri costituenti avevano previsto. La visione lungimirante di quei grandi pionieri aveva capito che una regione disposta in direzione nord-sud, tra la Padania e il mare Tirreno, avrebbe potuto non solo soddisfare più compiutamente le esigenze territoriali localistiche, ma sarebbe stata l'unificazione di terre che già storicamente erano state attraversate da vie di comunicazione importantissime in direzione Nord-Sud (Francigena-Romea, Via Regia, Strada degli Abati, Vie del Sale, Strada della Cisa), e in futuro si sarebbero potute candidate ad essere ancora un corridoio di traffici di valenza europea.

Perciò vogliamo fare un appello alla politica provinciale, di ogni colore e di ogni bandiera, affinchè prenda più seriamente in esame la questione da noi posta e si faccia interprete di studi geopolitici dettagliati e approfonditi che siano utili a cogliere la praticabilità di quella regione Emiliana Lunense, già istituita in sede di Costituente nel 1947, ma poi sospesa fino a nuovi sviluppi e approfondimenti.

Anche a fronte delle iniziative romagnole, che attraverso il Movimento Autonomista Romagnolo sono approdate in sede parlamentare, noi riteniamo che si possa, senza velleitarie utopie, pensare di dar vita ad una più diffusa sensibilizzazione popolare, la quale consenta di capire più a fondo i vantaggi di un nuovo assetto regionale lungo l'asse Tirreno-Brennero.

Rodolfo Marchini, Vice Presidente Ass. “Regione Lunezia”

Parma, 24.7.2010

Risposta di Remo Ponzini 10:31 - 26/07/10

Caro Prof.,
su questo argomento non sono mai intervenuto perchè non avevo le idee chiare. Ti dirò che ero e sono tuttora pervaso da molte perplessità.
 
Il mio disappunto nasce dal fatto che sono assolutamente contrario all'aumento dei costi della politica.
In Italia siamo già a livelli insostenibili e l'unico intervento da fare è quello di tagliare drasticamente gli sprechi eliminando provincie e regioni. Diversamente rischiamo di fare la fine dell'Argentina e della Grecia.
Ti faccio un esempio banale ma significativo. Quando andavo alle elementari le provincie della Sardegna erano TRE (Cagliari, Nuoro e Sassari) e già bastavano. Ora sono OTTO tra la quali annoveriamo mini-città quali Ogliastra, Medio Campidano, Oristano ecc.  che sono insignificanti per il numero risibile dei loro abitanti.
Per non parlare della regione MOLISE che ha solo 320mila anime che sono gli abitanti medi di un singola provincia.
 
E' senz'altro vero che noi non abbiamo alcun legame storico-culturale con la Romagna ed anche con Bologna e che già nel 1947, quando furono definite le regioni italiane, si era ipotizzato, in una prima bozza, di separare la Emilia-Lunense dall'Emilia-Romagna.
 
Questa soluzione mi affascina moltissimo  perchè potrebbe ridare lustro e splendore alle ns. terre ma abbiamo il debito pubblico  più elevato del mondo sia in rapporto agli abitanti che al PIL e non possiamo permetterci ulteriori slittamenti ed aggravi in questa direzione.

Parimenti sono d'accordo con te la la ns. Regione ci ha sempre sistematicamente ignorato considerandoci praticamente degli " apolidi ".
 
E non troveremo mai alcun appoggio per l'asse Tirreno-Padano in quanto per Bologna esiste solo quello Adriatico-Romagnolo.

Come vedi sono combattuto tra queste due opposte esigenze e non riesco a trovare un bandolo che me li faccia schiarire.

Ti ringrazio per l'apporto costruttivo che dai a questo forum ed a tutti noi.

Ciao. Remo.

Risposta di Rodolfo Marchini 12:27 - 28/07/10

Caro Remo,
come ben sai, le tue opinioni sui costi della politica e sulla necessità di ridurre gli enti inutili, province comprese, sono uguali alle mie. Per inciso, diciamoci che quando fu data l'amministrazione alle Regioni si sarebbe dovuto procedere all'abolizione delle Province, ma sappiamo come è andata e come sta andando. Purtroppo. Non solo la penso così io, ma tutti i membri dell'Associazione Lunezia. Se tu visiti il nostro sito puoi vedere che uno degli slogan è: cento Province in meno, una regione in più.

Tuttavia mi rendo conto che l'obiezione rimane.

Allora vorrei provare ad argomentare meglio.

Le Regioni, come tutti gli Enti pubblici, Stati compresi, devono rappresentare al meglio gli interessi dei loro cittadini. Quando questo non avviene, si hanno le giuste rivendicazioni. La Lega, come sappiamo, è nata da questa rivendicazione e, anche se oggi ha rinunciato alla secessione, ha ottenuto un federalismo che può far molto per correggere le incongruenze vissute dal Nord.

Ora, i territori presi in considerazione dalla nostra nuova ipotizzata Regione padano-tirrenica, cioè Lunezia, sono dalle loro attuali Regioni molto trascurati e sottovalutati. Questo vale per Parma, ma anche per La Spezia e Massa Carrara, per non dire di Piacenza, ecc. Invece i cittadini di questi territori si meriterebbero molto , ma molto di più. Ma l'assurdo è che i copoluoghi delle regioni attuali fanno la concorrenza agli interessi delle nostre città. Per esempio il porto di Genova con quello di La Spezia, la Fiera di Bologna con quella di Parma, e tanti altri esempi che si potrebbero fare.

Allora, di fronte a queste gravi ingiustizie, bisogna fare due conti. Quanto sarebbero i vantaggi in più che potrebbero ottenere i cittadini di questa nuova Regione padano-tirrenica rispetto ai costi maggiori della politica, per avere una Regione in più?

Ma ti pare che con la presenza di Regioni come il Molise e altre di dimensioni minuscole, ci si può fermare sulla strada da noi intrapresa?

Noi siamo convinti che valga la pena sensibilizzare l'opinione pubblica sui vantaggi che ti dicevo prima. E poi vedremo.

Ciao, Rodolfo.

Risposta di Piero Rossi 10:42 - 18/02/18

Buongiorno.

Ho letto con attenzione tutti i vari interventi del forum che certamente, coinvolgono, appassionano e uniscono, ma che non tengono affatto conto di aspetti che nelle altre regioni sono oggi consolidati e acclarati. Certo il recupero della zona montana è evidente, divendo centrale nella nuova ipotizzata regione. Vi è però un argomento che purtroppo, rischia di dividere e, proprio per questo, mi sembra giusto parlarne: il capoluogo di regione. Provincie "lontane" come Cremona, Mantova, potrebbero non essere daccordo su di un capoluogo certamente delocalizzato rispetto alla loro ubicazione e non si vede come possano aderire ad un progetto che le penalizza, appartenendo oggi ad una regione di primo piano come la Lombardia. Non pensiamo poi a come potrebbero reagire Piacenza e Reggio Emilia ad una ipotesi di "nuovo ducato di Parma" con evidente ubicazione del capoluogo enlla suddetta città. Se si vuole davvero riflettere e rendere "attraente" il progetto, non si deve forse ripensare ad un nuovo assetto per una nuova regione, cioè una equa distrubuzione amministrativa nelle città capoluogo di provincia delle funzioni istituzionali? Inoltre, l'ubicazione del capoluogo di regione ha la difficoltà geognafica della parte montuosa nell'ipotizzata nuova regione. Come potrete notare, parlare di ciò che unisce è ammaliante, ma riflettere su ciò che può dividere è altrettanto corretto e giusto, prima di aderire a qualcosa di oggi estremamente vago.

 
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