E' sabato pomeriggio, tardo pomeriggio, nel consiglio comunale di Borgotaro c'è tensione e attesa; si sta per decidere l'adesione ad un'unione di comuni, un nuovo governo del territorio, il tentativo di un nuovo assetto, come vuole la legge sul riordino dei comuni, costruito sulle ceneri della Comunità Montana, ormai agonizzante: vedrà, nell'impresa, insieme, Borgotaro, Varano, Compiano, Tornolo e Pellegrino.

Sede operativa a Borgotaro, sede istituzionale a Varano: una scelta un po' incomprensibile, frutto di uno di quegli equilibri impossibili, dettati dalla politica, con il rischio del raddoppio dei problemi.

Maggioranza compatta per l'adesione, minoranza contraria senza nessun possibile compromesso, preoccupata soprattutto per la perdita del "primato politico" della ormai ex-capitale morale e amministrativa della Val Taro, frutto del lavoro di decenni di attività politica. Soprattutto di quella parte che un tempo era stata la DC. Roberto Marchini è costernato, ripete la sua contrarietà, appellandosi, uno a uno, a tutti i consiglieri e assessori di maggioranza. Arriva a fare una feroce autocritica, citando i suoi errori di gioventù, quando votò, sbagliando a suo modo di vedere, favorevolmente per la creazione della discarica (testualmente: "le discariche non si devono fare in montagna, alla fine vengono giù") e quando appoggiò la convenzione per la gestione dell'attuale campeggio e la creazione di uno nuovo (e mai concluso), in un luogo inadatto.

Un'unione geograficamente discontinua, che ha avuto il rifiuto dei comuni di Albareto, Berceto e soprattutto di Bedonia; tutte amministrazioni impegnate nelle elezioni di primavera, con amministratori, e relativi eletti, molto poco inclini a prendere anche il minimo rischio, a livello di consenso, di fronte ad un corpo elettorale afflitto, da sempre, da idee fortemente campanilistiche, disgreganti.

Alla fine, la minoranza, dopo aver espresso contrarietà al progetto, al momento della votazione, è uscita dal consiglio comunale, lasciando la responsabilità della decisione alla sola maggioranza, che ha votato compatta per l'adesione all'unione.

Così, il baricentro politico e amministrativo della Val Taro, con questa votazione, è sceso verso la bassa valle, prendendo atto di un fenomeno, assolutamente incontrastato a livello politico, in atto da almeno due decenni. Segnati da un vistoso calo demografico, dalla mancanza di nuovi insediamenti produttivi, dall'assenza di grandi investimenti su nuovi progetti infrastrutturali pubblici, dall'indebolimento delle strutture pubbliche a servizio dei cittadini, dalla perdita di peso specifico delle attività istituzionali.

Dopo decenni di immobilismo, di torpore istituzionale, di gravi e ripetuti errori strategici e amministrativi, dettati da mille alibi, da mille ragioni politiche, i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Tutti fattori causati dall'assenza di politiche attive nazionali a favore delle aree marginali, come quelle montane, e favoriti dalla mancanza di un'unità d'intenti degli amministratori pubblici locali; favoriti dalla mancanza di stimoli dal basso, di proposte. Per comprendere l'entità di questo disinteresse, basta andare a leggere i verbali degli ultimi anni di attività amministrativa della Comunità Montana, segnati da un assenteismo diffuso, dalla mancanza ripetuta di numeri legali per prendere decisioni, per far avanzare progetti e idee. Basta vedere in quale stato versano le aziende pubbliche strategiche partecipate, un tempo fiore all'occhiello di amministratori pubblici di ben altre capacità.

E, all'amministrazione comunale, guidata da Diego Rossi, non è rimasto altro che, con grande senso di responsabilità amministrativa, prendere atto della situazione di fatto; uniformandosi, per altro, alle nuove norme istituzionali che regolano la riorganizzazione dello Stato. Norme che sono state create, a Roma, senza tener minimamente conto delle esigenze delle piccole comunità rurali, in una logica di semplice e mero risparmio economico. Con la logica, tutta italiana, priva di contrasto politico per la legge dei grandi numeri, per le logiche dello strapotere dei grandi gruppi di potere, di togliere alle periferie, ai piccoli, a favore del centro, dei grandi.

Con questo voto, la maggioranza del Consiglio Comunale di Borgotaro, si è assunta la responsabilità di iniziare un processo di unificazione, nel tentativo di resistere ad un'azione di ulteriore indebolimento del tessuto sociale ed economico locale.

Un matrimonio di interesse, sicuramente forzato dagli eventi, messo in piedi da due grandi poli della montagna, Borgotaro e Varano, si è concretizzato.

Borgotaro ha la sua dote di storia e cultura amministrativa a favore del territorio, unitamente all'insieme di servizi pubblici fondamentali, primariamente l'Ospedale Santa Maria, la Ferrovia e il Polo Scolastico Superiore. Vanta, negli ultimi anni, un incremento sostanziale nel settore turistico rurale. Varano, invece, in questi ultimi anni, da centro rurale, si è trasformato in un polo di eccellenza tecnologica assoluta a livello mondiale, grazie alla presenza di imprese come Dallara Automobili, grazie alla politica attiva di sviluppo dell'Amministrazione Comunale. Varano conta la presenza di un giovane e importante polo della cooperazione sociale, il maggior incremento demografico tra i comuni parmensi, la maggiore crescita di nuove imprese, il maggiore tasso di crescita nel comparto edilizio. A Varano

Dovendo appunto pensare ad un matrimonio di interesse, a livello montano, la scelta non poteva essere migliore, da entrambe le parti; con il corollario di comuni, come Compiano, Tornolo e Pellegrino, alla ricerca di una nuova identità, di una nuova prospettiva.

Staremo a vedere cosa faranno i comuni che sono rimasti alla finestra, in attesa delle elezioni, in attesa di improbabili passi indietro legislativi, di miracoli economici. La loro mancanza di lucidità amministrativa, di programmazione, di coraggio, con molte probabilità, finirà con il danneggiare ulteriormente la situazione compromessa in cui versano.

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